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giovedì 20 ottobre 2011

UCCISO GHEDDAFI



 NOSTRO EDITORIALE

GHEDDAFI : L'ULTIMO RIVOLUZIONARIO D'AFRICA

testo di 
Ario Corapi
commento per immagini dal web di 
Dario Coppola
Negli ultimi giorni i media - in particolare quelli occidentali - hanno focalizzato la loro attenzione, insieme a quella dell'opinione pubblica, sulla cattura e la successiva immediata uccisione del Colonnello Mu'Ammar Gheddafi passato alla storia come il Raìs; 
ora che il Raìs è morto già si scatenano centinaia di migliaia di (pre)giudizi sui suoi 40 anni di governo in Libia, visti dall'opinione pubblica come una dittatura, e della sua morte, vista come una "liberazione".
Una cosa è certa, nel bene e nel male, uno statista come Gheddafi la Libia e l'Africa intera non lo vedranno mai più; tuttavia sono d'obbligo molte precisazioni sulla sua ascesa al potere nel 1969-70 e la sua caduta a ridosso della guerra civile libica degli ultimi mesi.

Bisogna innanzitutto dire che l'Italia sulle vicende riguardanti la Libia e Gheddafi ha dato ancora una volta il peggio di sè, perchè quando il Raìs prese il potere in Libia nel 1969 tramite colpo di Stato fu proprio grazie anche all'appoggio dell'allora governo italiano presieduto dal democristiano Mariano Rumor che, stabilendo subito degli accordi di politica energetica con la Libia, suscitò la disapprovazione di Washington che per "ripicca" nei confronti dell'Italia inaugurò - tramite contatti fra la CIA e i servizi segreti italiani deviati - la cosiddetta "strategia della tensione" che portò alla stagione nota come gli "Anni dello stragismo" (Piazza Fontana, per esempio); 
per non parlare poi degli ultimi 10 anni di rapporti diplomatici con la Libia in cui i vari statisti italiani, da Berlusconi a Prodi passando per D'Alema e Napolitano, hanno sempre accolto il Raìs durante i suoi viaggi in Italia con gli onori di casa che si riservano ad un "imperatore".

Poi improvvisamente, quando nella primavera 2011 è scoppiata la "guerra civile" in Libia, la posizione diplomatica dell'Italia è cambiata radicalmente con dei risultati scadenti, in quanto siamo passati dal "bacia mano" a Gheddafi a sostenitori della "missione umanitaria" da parte della NATO facendoci pure soffiare da Sarkozy e Cameron i pozzi petroliferi ed il gasdotto ottenuti dall' ENI con gli accordi energetici Italia-Libia.

Un'altra precisazione è doveroso farla anche su come in Libia sia scoppiata la "guerra civile", innanzitutto va precisato che la Libia è sempre stata una società tribale in cui a farla da padrone sono sempre state la tribù della Tripolitania - la tribù Ghaddafa (da qui il nome Gheddafi) con capitale a Tripoli - e la tribù della Cirenaica con capitale a Bengasi, al principio i moti di insurrezione in Libia sono nati come scontro tribale fra le due tribù e non - come si vuol far credere dai media filo-americani - come insurrezione di popolo contro il Raìs, lo scontro tribale ha preso seguito divenendo guerra con l'intervento di Washington che, nel vedere lo scontro fra tribù, ha fiutato l'occasione per l'ennesima guerra colonizzatrice camuffata da "missione di pace e libertà" sostenendo con armi ed intelligence militari la tribù di Bengasi ostile a Gheddafi. 
Pertanto è un grandissimo errore parlare di "insurrezione popolare contro il Raìs" quando in verità i volontari chiamati "partigiani combattenti per la liberazione della Libia" altro non sono che membri della tribù di Bengasi - da sempre ostile alla tribù Gheddafa di Tripoli - i quali hanno potuto combattere e vincere solamente grazie al sostegno militare e logistico ricevuto dagli USA (bisognosi dell'ennesima "guerra di pace" per scongiurare la crisi finanziaria che gli Yankee vivono ormai da 4 anni).

Inoltre è importante far notare che per quanto la Libia di Gheddafi non fosse certo un paese democratico, il Raìs in questi 40 anni ha compiuto delle opere pubbliche degne di ammirazione sapendo sfruttare la posizione geopolitica e le risorse economiche della Libia, seguendo i precetti enunciati nel Libro Verde (libro in cui Gheddafi parla del suo pensiero politico) il Raìs ha costruito un acquedotto pubblico che ha fornito acqua potabile al 75% del territorio libico in maniera del tutto gratuita - acquedotto che è stato poi distrutto nel luglio 2011 dai bombardamenti della NATO - , 
ha fatto costruire scuole, università ed ospedali pubblici con i profitti ricavati dal petrolio che il Raìs ha venduto ai paesi occidentali (e quindi senza neanche le tasse dei contribuenti libici), voleva costituire in collaborazione con la Banca Islamica un Fondo Monetario Africano totalmente indipendente dal Fondo Monetario Internazionale perchè non fondato sulla formula "prestito + interesse = usura" e quindi con l'intenzione di liberare i paesi africani dalla morsa dell'Alta Finanza Mondiale e del debito pubblico, insomma tutte opere e progetti degni di ammirazione per un paese non allineato democraticamente come la Libia; se si pensa invece che un paese "democratico" come l'Italia ha un debito pubblico che lo sta portando verso il default, la scuola pubblica sta ormai morendo, l'università sta diventando sempre di più un diritto per pochi privilegiati e per difendere dalle privatizzazioni l'acquedotto pubblico nazionale è servito un referendum solo pochi mesi fa.

Gheddafi è stato uno degli ultimi discepoli del "Panarabismo", dell'identitarismo e dell'indipendenza geopolitica del mondo arabo seguendo un percorso politico inaugurato in Nord Africa negli anni '50-'60-'70 con gli egiziani Gamal Abd Nasser e Anwar Saddat.



Infine, occorre una riflessione sul giudizio che si vuol dare alla figura del Raìs e del suo percorso storico e politico considerato che in questi giorni in Libia è stata proclamata la "liberazione" e i media occidentali dipingono questo evento come un nuovo capitolo verso la costituzione del Nuovo Ordine Mondiale, è importante precisare quanto sia inutile spendere attualmente giudizi ora che le folle e l'opinione pubblica sono ancora fogate dagli eventi degli ultimi mesi e invece quanto sia necessario attendete qualche anno o decennio per poter dare un giudizio storico-politico sul Raìs quando le passioni e sentimenti saranno sopiti.

Come scrisse Manzoni nella sua poesia del 5 maggio dedicata a Napoleone Bonaparte: "Fu vera gloria? Ai posteri l'ardua sentenza."
Ario Corapi, 
segretario dell'Associazione Quintiliano
(studente UniTO, Scienze Politiche )

lunedì 9 maggio 2011

Pedalerai per sempre con noi, Wouter Weylandt

C’è sempre un gran magone ad accompagnarmi quando arrivano alle mie orecchie certe notizie.
Oggi 9 maggio 2011 durante la terza tappa del Giro d’Italia è morto Wouter Weylandt.
Sembrava una gara tranquilla, non particolarmente impegnativa dal punto di visto tecnico, eppure qualcosa ha spezzato quell’apparante serenità che dovrebbe sempre accompagnare una corsa del genere. Mancano pochi chilometri alla fine della tappa, durante l’ultima discesa probabilmente la perdita del controllo della bici e Wouter finisce contro un muro. Si capisce subito la gravità dell’incidente, i sanitari intervengono tempestivamente, la zona non è coperta telefonicamente e l’ambulanza viene richiesta attraverso la tv. Continuano i tentavi di rianimazione, si cerca di far giungere in zona un elicottero ma i luoghi dove è avvenuto l’incidente non permettono un atterraggio facile del mezzo.
Muore.
Cavoli! Stava andando in bici! Ma come? Beh... i ciclisti in discesa sfrecciano a velocità ormai paurose che possono raggiungere i 90 km/h se non di più! Eppure si ostinano a farli gareggiare con caschetti non integrali e tutine carine e stilose sì, ma che, in caso di caduta, sono inutili! Che fare? Non è la prima volta, una cosa analoga era successa a Fabio Casartelli parecchi anni fa. Non voglio far polemica, voglio solo ricordare un ragazzo. Un anno fa, proprio Weylandt vinceva la tappa terza tappa del giro. Oggi, un anno dopo quella vittoria, ha perso la vita. Ciò che si era guadagnato, con tanto sudore, la morte gli ha tolto con gli interessi.
E’ morto con la sua bici, il ciclismo può solo onorarlo ora.
Amo lo sport, amo in particolare questo... la tua morte Wouter mi lascia triste, molto triste. Resta il fatto che te ne sei andato facendo ciò che più ti piaceva ma, permettimi,  non doveva finire così, doveva andare diversamente, saresti dovuto partire domani con gli altri. Chiudo qui. Non so più che dire. Ciao Wouter. 
Daniele Grillo,
Comitato PoliTO

mercoledì 4 maggio 2011

Rozzio, un bravo allievo del Giusti, alla Fiorentina

Paolo Rozzio nasce a Torino il 22 luglio 1992 e inizia a tirare i primi calci nel C.B.S., scuola calcio torinese affiliata al Milan. Poco dopo passa subito alla Juventus e qui gioca ben cinque stagioni sotto la guida di Marchio e Molinelli. Dalla Juventus passa al Canavese, club fondato nel 2001 e che milita in Lega Pro Seconda Divisione, e qui sta giocando tuttora, salvo per la breve parentesi della scorsa stagione in cui ha giocato nella Primavera del Torino.

Rozzio non è il classico talento notato da tutti fin dai primi passi calcistici, anzi, se non fosse stato per Ezio Rossi, suo attuale allenatore al Canavese, probabilmente il giovane difensore centrale sarebbe ancora a fare la spola tra prima squadra e Berretti, finendo nel dimenticatoio o nelle serie dilettantistiche.

Come detto Rozzio è un difensore centrale, dotato di un fisico imponente (79 chili distribuiti su 189 centimetri) che lo rende molto forte di testa e al tempo stesso vulnerabile ad attaccanti agili e veloci; le altre qualità che lo contraddistinguono sono la marcatura asfissiante sul diretto avversario e l'abilità nel sapere impostare il gioco, non comune a molti difensori.

Le sue prestazioni in campionato non sono sfuggite al selezionatore dell'Under-19 Daniele Zoratto che l'ha convocato in Nazionale, rendendolo l'unico convocato che gioca in Seconda Divisione. Zoratto nelle amichevoli disputate l'ha alternato con il viola Camporese, suo futuro compagno di squadra, e con l'interista Benedetti, suo ex compagno di squadra nella primavera granata.

Oltre a Zoratto anche una vecchia volpe del calcio giovanile come Pantaleo Corvino ha notato il suo talento e se lo è assicurato bloccandolo per giugno; la trattativa è confermata dal direttore generale del Canavese Massimo Bava, che in un'intervista ha dichiarato che il difensore prenderà la via di Firenze nonostante le attenzioni di Udinese, Livorno, Bologna e altre squadre di A e B.

da http://generazioneditalenti.forumfree.it/?t=55312590

lunedì 7 marzo 2011

Martedì 08.03.11 ore 20.15

al Cinema Massimo 

048 - Esenzione Ticket Malati Oncologici
con
Daniela Bonazza
Elisa Cappellato
Laura Rovini
Barbara Balzaretti
Rosario Romano
Don Giampiero Armano

soggetto e sceneggiatura e regia
Maurizio Orlandi 
(docente del Liceo Giusti)

musiche
Andrea Bove

montaggio
Dario Orlandi
Paolo Favaro

fotografia
Angelo Santovito

Direttore di Produzione
Davide Trinchero

Regia
Maurizio Orlandi

Anno di produzione: 2010

Durata: 52'

Tipologia: documentario

Genere: sociale

Paese: Italia

Produzione: Laboratorio Novecento Associazione Culturale

Formato di ripresa: HDV

Titolo originale: 048 - Esenzione Ticket Malati Oncologici


Il documentario racconta la storia di Elisa Cappellato e di quella che è stata la sua esperienza della malattia del cancro. Un’esperienza abbastanza straordinaria per il modo in cui la protagonista, insieme alle sue bambine, a suo marito ai suoi amici più cari, ha affrontato la malattia, convivendo con essa l’ultimo scorcio della sua vita.

Una storia fatta di amore e di dolore indicibili; una storia in cui, con tutti gli aspetti più contraddittori e contrastanti, l’esperienza della morte diventa centrale per Elisa e per tutte le persone che le sono state accanto: la morte, cioè, come una parte importantissima dell’esperienza della vita. Un’esperienza, quella di Elisa, in cui si può trovare il significato più profondo della vita, proprio perché vissuta, da lei, nella prospettiva ineluttabile dell’”exitus”, così come i medici, nel loro gergo, chiamano la morte... (continua).

Il documentario racconterà gli ultimi tre anni della vita di Elisa, quelli legati alla sua malattia, dal momento della scoperta del cancro, alla sua lotta feroce per guarire. Le difficoltà, il dolore, ma anche la gioia di aver saputo trovare, proprio nell’eccezionalità della sua esperienza, la chiave per entrare dentro quello che è il senso della vita, e che Elisa ha cercato di esprimere in una particolare e personale forma d’arte.

Nella storia di Elisa entreranno le testimonianze di altre 6 persone che hanno vissuto e superato, almeno per il momento, la malattia del cancro.

Eleonora, Barbara, Daniela, Rosario, Don Giampiero ed Alberto, persone di età, formazione culturale ed esperienze diverse, racconteranno la propria vicenda personale, in relazione alle problematiche che la storia di Elisa solleva:

- l’impatto con la malattia

- il cambiamento della vita, sul piano affettivo, psicologico e professionale

- le terapie

- le speranze e le delusioni



"048 - Esenzione Ticket Malati Oncologici" è stato sostenuto da





Piemonte Doc Film Fund (Fondo Regionale per il Documentario - Sviluppo Aprile 2008)


DAL COMITATO

lunedì 7 febbraio 2011

Greta, protagonista del romanzo di Piero Soria, insegna al Giusti

Nel libro Rosa Demonio di Piero Soria, a pagina 64, è citato il Giusti


Ecco, tratta dal sito della Mondadori, la trama del romanzo:

 Don Luigi Andrà, esorcista scomunicato, viene trovato con uno stiletto nel cuore in riva al Po a pochi passi dalla Gran Madre di Dio, la basilica costruita sulla pianta dell'antico tempio di Iside che la leggenda dice custodisca il segreto del Graal. Con la sua amante Rosa Barbero, un'ex novizia indemoniata, gestiva un sito satanico che soddisfaceva i sogni più proibiti di un pubblico inquietante: mettendosi in contatto con www.rosademonio.com ci si conquistava un posto di prima fila in un mondo torbido e peccaminoso.


Sullo sfondo, una strana fortezza ecclesiastica, la Piccola casa dell'esaurimento celeste, dove preti, suore e diaconi squassati dalle loro ossessioni e dal peso del peccato vanno a rimettersi in sesto. È diretta da Madre Oleandra, bellissima e sensuale psichiatra brasiliana dal passato burrascoso, e da Monsignor Saluzzo, sacerdote-spia che non indossa mai la tonaca.

La Torino magica ed esoterica fa da palcoscenico a una vicenda in cui la Chiesa pare sotto l'attacco di nemici ben più minacciosi che qualche furioso adepto di sesso e messe nere: il sospetto terribile è che di mezzo ci siano i cani sciolti di un Islam sempre più vorace. Cellule incontrollabili e misteriose che, come inafferrabili ragni della jihad, tessono le loro trame di morte nel silenzio pullulante della Rete.

A fare da contorno, un immenso fiume sotterraneo di denaro, tre preti ciechi dal comportamento ambiguo, strani feticheurs africani che guariscono dai mali e dalle sfortune, uno sfuggente imam macellaio e vaghe ombre delle nuove immigrazioni.

Tocca a Lupo nuotare in questo stagno melmoso. E, per una volta, dovrà agire in segreto, travestirsi da prete e infiltrarsi tra i matti della Casa, perché lì sembra esserci lo snodo di tutto, in un turbine di sconcertanti passioni, non soltanto amorose.
DAL COMITATO