Si è finalmente conclusa la convulsa giornata elettorale, i cui
risultati finali indicano Bersani come futuro presidente del Consiglio e
la coalizione di centrosinistra a capo della Camera, con una risicati
sisma maggioranza del 29, 55%, contro il 29,15 del centrodestra. Un
risultato assolutamente deludente rispetto alle aspettative, specie se
si considerano le scissioni interne al Pdl, la mancanza di fiducia
espressa chiaramente dall’Europa nei confronti di Berlusconi (richiamata
oggi dallo stesso Schulz, ironicamente soprannominato Kapò dal
Cavaliere durante uno dei suoi show al Parlamento Europeo), e tutte le
grane giudiziarie dell’ex premier. Eppure, è stato uno attenuante testa a
testa tra Pdl e Pd, che ha visto Berlusconi rimontare clamorosamente
nelle ultime ore, sopprattutto grazie ai voti ottenuti in Lombardia,
Campania e Sicilia.
Da sottolineare tre aspetti del risultato delle urne.
Primo: nessun partito ha ottenuto la maggioranza in Senato. Non è
stato infatti raggiunto infatti il quorum dei 158 seggi necessari
(quelli necessari per ottenere più della metà di quelli totali). Il Pd
si è fermato a 123, il Pdl a 118, con a seguire i 53 dei M5S e i 19 di
Lista civica.
Risultato: o il Pdl e il Pd optano per una politica di compromessi, o
l’Italia sarà un paese ingovernabile, e l’unica soluzione possibile sarà
il ritorno al voto. E in un momento così delicato, in cui servono
riforme condivise per uscire definitivamente dalla crisi e dare il via
ad una progressiva crescita economica, avere un governo instabile può
avere delle gravi conseguenze sui mercati finanziari e sulla crescita
dello Sread. Ma auspicare un accordo tra Berlusconi e la sinistra, che
da anni, in seguito ai pesanti e indiscriminati attacchi del Cavaliere,
dichiarano di non voler assolutamente collaborare, è quasi un’utopia.
Secondo: il Movimento 5 stelle è ufficialmente il primo partito in Italia. Ha ottenuto il
25,54% dei voti, superando di 4 punti il Pdl e di 0,1 il Pd. Un vero
boom, di cui lo stesso Napolitano aveva sottovalutato la portata mesi
fa, e che invece si rivela una forza chiave per il governo del Paese. In
primo luogo perché manifesta un forte desiderio di cambiamento da parte
dei cittadini, di malcontento nei confronti della vecchia classe
dirigente; poi perchè, se si alleasse con qualunque delle coalizioni
all’interno della Camera, determinerebbe quale sia veramente la
maggioranza al governo. Per ora, Grillo, il fondatore, ha sempre
dispensato critiche a tutti i partiti, ma non ha mai dichiarato a quale
ideologia politica si sente appartenere. Continuerà a mantenete il
distacco dai partiti? Staremo a vedere.
Infine: il “centro” è crollato, la curiosa alleanza Monti-Fini-Casini
si è rivelata un fallimento. Monti è riuscito ad ottenere il 10%, ma
Fini e Casini, ottenendo entrambi meno del 2%, con il risultato di
essere esclusi totalmente dall’ottenere un seggio in Parlamento. Stessa
sorte tocca a Ingroia, che attacca il Pd e i media sostenendo di essere
stato “oscurato”, e, come era prevedibile, Giannino. L’amarezza nelle
parole di Monti è palpabile, ma traspare un sincero apprezzamento e una
gratitudine quasi commovente nei confronti di chi ha capito che i
sacrifici imposti dal governo “dei professorini” avevano come scopo il
Bene comune, e che hanno mostrato senso civico nel sostenerlo col
proprio voto, facendo prevalere “l’amor di patria” sull’egoismo di chi
bada solo ai propri interessi.
di
Edoardo Schiesari (da Retrooline)
Pubblicato su richiesta dell'autore
Pierluigi Bersani incontra gli elettori al Mercato di Corso Racconigi a Torino